Scrivere per il web è un po’ come andare in montagna

Ovvero cosa si inventa un webwriter per restare cucito alla scrivania nei giorni di sole e far tacere l’abominevole scimmia della montagna: da Messner a Prévert, analogie sullo scrivere per il web

Ovvero cosa si inventa un webwriter per restare cucito alla scrivania nei giorni di sole e far tacere l’abominevole scimmia della montagna: da Messner a Prévert, analogie sullo scrivere

Salgari diceva che «scrivere è come viaggiare senza la seccatura dei bagagli». Beh, certo: lui scriveva dei pirati della Malesia e dei corsari delle Antille. Io tendenzialmente scrivo di argomenti ben più vicini ai nostri lidi. E non scrivo romanzi: scrivo pezzi per il web, dalle notizie agli approfondimenti, fino ai testi più propriamente di copywriting. Insomma, non posso paragonare i miei testi a viaggi in paradisi lontani. Scrivere, per me, è più come andare in montagna: è uno sforzo, può essere pesante, ma la soddisfazione è sempre lì, vicina a venire, davanti al mio naso. Lì c’è la cima, qui c’è la conclusione dell’ennesimo articolo. E una volta arrivato lì, si può tirare il fiato e guardare con soddisfazione quello che si è fatto.

Webwriting: scrivere è come andare in montagna - nicolaandreatta.it

 

Maledetto cielo d’autunno

«Scrivere è come andare in montagna». A questo pensavo dunque ieri pomeriggio mentre me ne stavo seduto alla scrivania a battere le dita sulla tastiera, mentre dalla finestra filtravano quei preziosi raggi di sole che l’incombente autunno ci riserverà con crescente parsimonia. Attraverso quei dannati vetri potevo infatti vedere il cielo sereno, sgombro da qualsiasi nuvola o nebbiolina, e alcune cime, toccate proprio l’altra notte dalla prima fievole nevicata. In altri momenti ci avrei visto un che di poetico, nella fortuna di poter scrivere con un così bel panorama.

La scimmia della montagna

Peccato che ieri, invece, mi si sia adagiata sulla spalla la scimmia della montagna, quello spiritello malefico che mi sussurra nell’orecchio frasi del tipo «vai a farti un giretto veloce sullo Monte Stivo, due ore e sei a casa» oppure «guarda che sul Cornetto ci sono ancora alcune macchie di neve, se vai su di corsa riesci persino a pestarle». Il tutto mentre mi ritrovavo a scrivere notizie sul cambiamento climatico, le quali non facevano altro che ricordarmi in coro – con la scimmietta – che la neve a duemila metri, i primi di ottobre, può essere ormai una cosa più che unica che rara. Per consolarmi e tenermi ben avvinghiato alla sedia, ho iniziato a pensare alle analogie tra lo scrivere e l’andare in montagna. Magra consolazione, direte. Ma seguitemi per un po’ su questo sentiero piano e ben battuto.

Passeggiate a bassa quota

Tutti sanno scrivere, e tutti sanno andare in montagna. Ci sono le eccezioni, certo: esistono ancora italiani che, reduci da generazioni lontane o letture rarefatte, non saprebbero stilare una lista della spesa contenenti parole come ‘yogurt’, ‘wurstel’ o ‘carta igienica’ senza commettere errori. D’altra parte, ci sono anche delle persone le quali, pur vantando capacità psico-fisiche eccellenti, nella loro esistenza non hanno mai assaporato una camminata sopra i 1.500 metri di quota. Ma appunto, sono eccezioni: non ci vuole una laurea per scrivere quattro righe in croce e non serve essere Reinhold Messner per fare quattro chilometri in montagna.

Scrivere a tremila metri

Però c’è chi lo fa meglio di altri. Nella scrittura come nell’escursionismo, ci sono vari livelli: tu, mentre scrivi via WhatsApp un messaggino romantico alla tua ragazza, stai praticamente girando con le sneakers intorno alla stazione d’arrivo della funivia. Jacques Prévert, scrivendo I ragazzi che si amano, stava scalando l’Annapurna. E in questa estesa similitudine, il mio lavoro di webwriter dove lo metto? Beh, me ne sto intorno ai tremila, armato di scarponi, imbrago, moschettoni e ramponi leggeri, ovvero di un buon lessico, una solida grammatica, i principi della SEO e una buona dose di creatività.

Trekking da copywriter

Per una bella escursione in montagna bisogna avere fiato e gambe: non si improvvisano duemila metri di dislivello. Così è anche nel lavoro del copywriter: se molli la scrittura per troppo tempo, la ripresa sarà devastante, perché tutti i meccanismi mentali che ti portano a scrivere agilmente di qualunque argomento saranno semplicemente svaniti nel nulla, nascosti da qualsiasi altra cosa ti abbia spinto a tenerti lontano dal lavoro per alcuni giorni (anche qui escursioni, ma anche, in alcuni drammatici casi, debilitanti maratone di letture o di serie tv). Nel trekking bisogna partire col piede giusto, come pure nel webwriting è necessario iniziare con un incipit leggero ma capace di supportare tutto il pezzo. E poi ci sono i temporali in montagna, ovvero le reazioni esasperate di clienti insoddisfatti, i percorsi fuori traccia ossia i lavori di copywriting senza alcun appiglio concreto, e infine la croce di vetta, vale a dire la consegna del lavoro. Da non dimenticare, infine, il penoso ritorno in discesa, fatto talvolta di fretta, prima che la notte ci piombi sulle spalle. In altre parole, la snervante attesa dei pagamenti.

Per inciso, nonostante questo, la voglia di mollare il computer e scapparmene in montagna, ieri pomeriggio, non mi è proprio passata. Un’analogia non basta: la prossima volta chiuderò direttamente le persiane, e addio panorama tentatore.