La pagina Facebook di Salvini e l’era della neoepistolarità tecnologica

Call to action, storytelling curato, ellissi studiate e legame emotivo: il canale social del leghista, per quanto grottesco e checché se ne possa pensare, funziona benissimo.

Call to action, storytelling curato, ellissi studiate e legame emotivo: il canale social del leghista, checché se ne possa pensare, funziona benissimo

Una tragica sera passata sulla pagina Facebook di Salvini

Sto guardando la pagina Facebook di Salvini. Perché? Boh: qualcuno ha condiviso la sua ultima figuraccia – l’eurodeputato ha raccontato una doppia o forse tripla bugia piuttosto maldestra in un aggiornamento – e io ho seguito il link. Ora è passata un’oretta e sono ancora qui a scorrere la sua pagina. Provo un misto di sgomento, stizza e ammirazione. Lascio da parte il significato politico di ogni singolo post – cercherò di non parlarne, ma qualcosa salterà fuori più avanti – e mi concentro solo sul messaggio in quanto tale, o meglio, sul modo attraverso il quale il leader della Lega Nord sta comunicando in questo ultimo periodo attraverso il canale social. Lo anticipo: per quanto possa sembrare grottesco, è roba che può far rosicare di invidia i migliori social media manager.

 

La pagina Facebook di Salvini

Digitare a pieni polmoni

La pagina è pervasa da grida mute, ovvero da maiuscoli. Scorrendo dall’alto verso il basso, guardando gli innumerevoli post pubblicati sulla pagina Facebook di Salvini ha scritto nelle ultime 48 ore, queste parole digitate con lo shift ben premuto sono, in ordine: fai schifo, bugiardo matricolato, fai girare!, 10 buoni motivi, no, esenzione fiscale, caserma Montello, clandestini, Salah, non democrazia, pazienza, qui non stiamo bene, schifo, contanti, rifiuti, cibo, sempre peggio, a casa loro, resistono, terrorismo, sbarcati, forza!, borseggiatrici, zingare!. Questo nel giro di 24 ore, con dieci post totali, alcuni dei quali superano i 10mila ‘mi piace’. Uno arriva perfino a 24mila: facile, si parla delle gloriose barricate di Gorino per respingere l’assalto dei 12 immigrati, donne e bambini. E dire che le barricate famose, fino a qualche tempo fa, erano quelle antifasciste di Parma, del ’22. Ma sto già andando fuori tema. In questo post, temo, succederà abbastanza spesso.

Le parole gridate da Salvini attraverso il social, le ho volute riportare in minuscolo per due motivi: il primo, perché trovo il maiuscolo irritante; il secondo, perché miniaturizzare quelle parole e metterle una di fianco all’altro ne smorza un po’ il carico di odio delle quali si sono, loro malgrado, fatte vettori. Riportate così, invece, il senso di ridicolo sopravanza quello della rabbia.

 

Pagina Facebook Salvini

Un comunicatore abilissimo

Aldilà del giudizio politico, degli odiosi maiuscoli e degli irritanti punti esclamativi che viaggiano in squadre da 3, 4 o 5, bisogna ammettere che Salvini è un comunicatore estremamente abile. Questo gli viene riconosciuto praticamente da tutti, avversari politici compresi. Nel panorama politico post berlusconiano, Salvini da una parte e Renzi dall’altra hanno adottato un nuovo registro linguistico e quindi costruito un nuovo modello comunicativo, all’interno del quale ai social spetta una posizione predominante. Questa, dunque, è la comunicazione politica nell’era della neoepistolarità tecnologica. È bruttissima e anche un po’ ignorante, ma funziona.

E nella Lega 2.0, quella fuoriuscita prepotentemente dalla Padania, la centralità della comunicazione è decisiva: in mezzo a questo processo sta lui, il maschio alfa che si pone come capobranco, ma che allo stesso tempo, grazie alla sua abilità da affabulatore, riesce a passare anche come vittima. I suoi post sono scritti con un linguaggio che può essere definito in molti modi, fuorché istituzionale. Salvini scrive come parla, o forse parla come scrive. Il linguaggio è colorito, e rappresenta al meglio come al peggio quello tipico dei social, ultimo stadio della desacralizzazione della scrittura.

Le call to action di Salvini

Da vero esperto della comunicazione online, in fondo ai post della pagina Facebook di Salvini si trovano spesso delle vere e proprie call to action: «che ne pensate?» oppure «fai girare» o ancora «dai, merita un mi piace!». Verrebbe da dire che un social media manager non saprebbe fare di meglio. Questo se non si sapesse che, dietro alla pagina Facebook di Salvini, non c’è (solo) Salvini: c’è anche Luca Morisi, docente di informatica dell’Università di Verona, che si configura un po’ come il Casaleggio del leader della lega, pur restando ben nascosto dietro alla sua ombra.

L’accoppiata Salvini-Morisi ha dunque capito che sulle pagine social il pubblico (leghista) si comporta come nei comizi (leghisti) in piazza: bisogna dunque gridare, essere aggressivi, e spararle grosse, grossissime, ma soprattutto cercare il consenso, il seguito, il boato. Chiedere un like sui social, per il politico, è un po’ come domandare una ‘ola’ a Pontida.

Uno storytelling basato sulla contrapposizione tra buoni e cattivi

Guardando dall’alto l’insieme dei post, si capisce come il leader della Lega centri il proprio storytelling sull’attacco costante ai nemici – proprio così, lui non ha avversari politici, ma nemici – arrivando a dei veri e propri sfoghi di hate speech, rivolti non solo contro Renzi, Alfano e Merkel, ma anche e soprattutto contro i migranti e i giornalisti buonisti. La sua narrazione quotidiana tende alla polarizzazione più estrema: da una parte un eroico io, talvolta un noi, a definire il campo dei buoni (noi italiani, noi leghisti, noi di destra, noi padani) e dall’altra loro (tutti gli altri: non esiste il grigio, la società è un po’ come la maglia della Juventus). Una comunicazione basata su questo tipo di struttura dualistica non ha bisogno di tirare in ballo temi mobilitanti: no, è già tutto pronto, quello che serve è solo un impulso per rafforzare l’aggregazione dell’elettorato, ovvero, in questo caso, della community. L’impulso, per esempio, è la parola ‘vergogna’ scritta in maiuscolo con un numero imprecisato di esclamativi. Applausi in piazza, like sui social. Lo schema dunque è così composto: divisione granitica tra buoni e cattivi, impulso aggregante e dunque delegittimazione dell’avversario. Ma anche qui, riguardo all’altro, al cattivo, c’è qualcosa di molto interessante da notare nel tipo comunicazione adottato sulla pagina Facebook di Salvini.

L’ellissi del nemico

Di solito l’altro, il nemico, è Renzi. O l’Europa, o i migranti. Ma spesso è semplicemente un loro. Salvini, in questo senso, fa un uso molto elevato dell’ellissi, omettendo volontariamente un elemento sintattico fondamentale. I suoi post, soprattutto quelli più aggressivi e più folkloristici, sono il regno del non detto, dell’implicito, del noi contro voi che chiama direttamente in causa il lettore-elettore, al quale spetta l’arduo compito di riempire quel vuoto sintattico. E questa è tutt’altro che una mossa casuale: affidando a chi legge questo compitino si instaura automaticamente un legame emotivo che farebbe la gioia di qualsiasi copywriter. Il lettore diventa complice di Salvini e parte integrante del discorso, anzi, di più: arriva a puntare mentalmente il dito contro un qualcuno che nemmeno il maschio alfa ha osato nominare. E può essere uno zingaro, l’Isis, o di nuovo Renzi, oppure uno qualsiasi dei leitmotiv della epica narrazione salviniana. Quell’ellissi, poi, non viene colmata solo mentalmente, ma anche digitalmente, grazie alla enorme quantità di commenti scatenati da ogni singolo post: più la si spara grossa, più le ellissi sono ammiccanti, più la lista dei commenti si allunga. Praticamente, la sintassi svuotata nella pagina Facebook di Salvini rappresenta un raddoppio delle call to action sopra esposte.

Notizie che non lo sono

Ad una prima occhiata, verrebbe da dire che il canale social di Salvini miri ad imitare quelli prettamente giornalistici. C’è il sensazionalismo, e talvolta ci sono persino le 5W. Ma basta raschiare un po’ sotto questa superficie, ovvero leggere i post in modo oggettivo, per scoprire che la ‘notiziabilità’ dei post salviniani è solo apparente: di informativo, infatti, c’è ben poco. Non si vuole veramente raccontare un fatto, no: si vuole narrare – e quindi creare – un mito. Quello di Salvini, ovviamente. E questa operazione sta andando benissimo, pescando alcune delle più efficaci tecniche tipiche del web marketing e della comunicazione online.

Conclusioni

A tutto questo si somma anche l’efficacia attraverso la quale Salvini sta imprimendo nella mente dell’elettorato il suo capitale erotico. No, non c’è nulla da ridere: il fascino erotico è una caratteristica tipica del potere. Basti pensare a quel Mussolini «imperialescamente grattato» tratteggiato da Gadda in Eros e Priapo. Insomma, un Salvini desnudo, sulla copertina di Oggi, non c’era di certo finito per caso. Il suo messaggio politico e la sua persona sconfinano nel gossip, così come nei suoi post si passa dai migranti alla partita del Milan fino alla fotografia della zuppa mangiata la sera prima: Salvini il leader, Salvini il tifoso, Salvini l’amico e sì, Salvini il bel fusto. Si salvi chi può.

Piaccia o non piaccia, la popolarità di Salvini su Facebook è enorme. La sua pagina è seguita da 1.609.982 persone. Domani, ahimè, saranno di più. Matteo Renzi, che invece preferisce Twitter, su Facebook si ferma a sole 915.397 persone. Ma lui è un ex-rottamatore diventato premier. L’altro… beh, è una ruspa. E io ho buttato via una sera della mia vita.